D: Dormiamo bene, in effetti siamo un po’ stanchi, e al mattino scopro che in questa casa c’è la sveglia: le mura (esistono solo quell...

Le oasi dimenticate

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D: Dormiamo bene, in effetti siamo un po’ stanchi, e al mattino scopro che in questa casa c’è la sveglia: le mura (esistono solo quelle perimetrali!) sono di pietre appoggiate le une sulle altre, con pochissimo fango tra una e l’altra, e il vento rognoso (dicono che soffi 350 giorni all’anno) fa passare i granelli di sabbia tra gli interstizi... Quindi mi sveglio con la sabbia che fa lo stesso effetto di decine di spilli che ti si piantano nelle palpebre, sulle guance e in fronte! Buongiorno mondo!
In compenso per colazione mangiamo il pane fatto apposta per noi cosparso di sana Nutella... e la vita torna a sorridere!
Anche oggi facciamo i turisti e andiamo a vedere le pitture rupestri di cui il nostro amico è guardiano. Ma più che per le pitture, siamo colpiti per il paesaggio, davvero splendido...


Stiamo per rimetterci in marcia quando arriva un mega camion della Dakar di qualche anno prima: lui dal passo non riuscirebbe a passare (troppo ingombrante), per cui ha preso la strada nuova e sta aspettando che sbuchino da sotto una ventina di quad. È un viaggio ultra-organizzato, sono tutti turisti francesi, un po’ lontani dalla nostra filosofia di viaggio: infatti al loro arrivo trovano tavoloni, sedie, acqua, bibite e birre fresche in quantità tirate giù dal camion... servizio cinque stelle, ma dove sta il gusto dell’avventura? In effetti hanno fatto 30 km di fuoristrada e uno è già al traino di una delle quattro jeep che li accompagnano (insieme al camion)...

Nicola: Aspettiamo pazientemente l'arrivo del capo per farci cedere un po' di benzina (ne hanno centinaia di litri nel camion!) in modo da evitare di andare fino ad Atar a fare il pieno. La cosa va per le lunghe, e nel frattempo scrocchiamo una bibita ghiacciata e chiacchieriamo con i turisti sui quad che stanno arrivano alla spicciolata. Ci fanno un sacco di domande e di foto e dalla loro curiosità traspare un pizzico di invidia: rinunciando al pranzo preparato dall'organizzazione, a birra ghiacciata a volontà ed al meccanico che ti aggiusta il mezzo ad ogni sosta, noi siamo completamente liberi - un "lusso" impagabile, che dà un senso completamente diverso alla nostra avventura...

D: Lasciamo il gruppo di quad pronto a sbanchettare, e prendiamo in direzione dell’oasi di Mhaireth. Viaggiamo abbastanza rilassati, oggi decideremo strada facendo quanti km percorrere, abbiamo una serie di oasi da visitare e potremo tranquillamente allungare o tagliare a seconda della voglia e dell’umore. Ma ci pensa Nicola a movimentare la mattinata, facendo un ruzzolo che mi spaventa non poco... ma tanto lui e la moto sono di gomma, per cui nel giro di un paio di minuti sono di nuovo in pista!

Una ripida e sconnessa discesa taglia la falesia e porta a Mhaireth

 Dopo una discesa decisamente tecnica arriviamo a questa oasi, con palme in quantità custodite in svariati ‘orti’ protetti da muri di cinta. Ogni famiglia che conta ha il suo palmeto, e qui sembra tutto in ordine: per le strade (di sabbia, ovviamente) non si vede immondizia, i bambini vanno a scuola, non chiedono l’elemosina, e il piccolo auberge con le classiche tende berbere è di un ordine che lascia stupefatti. Non solo: con l’acqua a disposizione il gestore mantiene degli orti coltivati ad ortaggi e riesce a far prosperare parecchi fiori di ibisco, usati per la preparazione di una bevanda dissetante, che danno un tocco di vera classe.

Valle di Mhaireth. Sullo sfondo, l'altipiano su cui corre la pista

Ci fermiamo a bere una bibita, a fare una passeggiata a piedi e a chiacchierare un po’ con i ragazzini del posto. Dopo tanto correre sembra quasi di prendersela troppo rilassati, anche se a fine giornata arriveremo a contare 200 km! Chiediamo ancora qualche informazione sullo stato delle piste e sulla bellezza delle oasi che vorremmo visitare, e, dopo aver salutato tutti e promesso di spedire le foto fatte, ripartiamo con tutta calma.


Palmeto di Mhaireth con le belle
capanne ogivali

Ristoro nel ben tenuto Auberge

I bimbi del posto ci fanno festa

La pista si arrampica su per la montagna, tuttavia ha giovato anch’essa di un programma europeo per risistemare le principali vie di comunicazione tra le oasi, per cui non ci sono difficoltà tecniche da affrontare.

Budino di sabbia appoggiato sulla nuda roccia... troppo invitante!
A lato della pista troviamo però una duna solitaria, che sembra un budino di sabbia piazzato in mezzo al niente... e al diavoletto tentatore, quello che sta piazzato perennemente sopra al casco, questa volta non si può dire di no! 
Nicola scende con cautela...
Davide invece ci fa le capriole!
E allora se i casini non ci sono (pista semplice...) tanto vale andarseli a cercare (budino di sabbia): giochiamo un po’, e alla fine ci divertiamo anche con una rotolata (con moto annessa) giù dalla duna...
  Dopo le risate di rito continuiamo il nostro avvicinamento ad Aoujeft su una pista che sembra un’autostrada. Probabilmente è stata appena "spolverata", e sembra una delle nostre strade in attesa di essere asfaltata: liscia come un biliardo!

N: Ma la natura si fa beffe dei grandiosi progetti degli uomini: a pochi chilometri dalla meta, la strada è letteralmente inghiottita da enormi dune, incuranti di tanto lavoro di ruspe e bulldozer. Non resta che inventarsi passaggi alternativi, e cercare di tenere aperto il gas!
L'ultimo tratto è un saliscendi veramente impegnativo nella sabbia molle, andiamo avanti tutto d'un fiato per non restare bloccati ai piedi del villaggio, dove dovremmo poi ripartire spingendo in salita, attorniati dai curiosi. Ci fermiamo quando arriviamo fra le case, ma la sabbia molle non è finita: è ovunque, riempie le strade, si ammassa contro le case, blocca le porte d'ingresso, è una lenta, inesorabile alluvione minerale... È una vista angosciante, e l'incubo di questa lotta quotidiana per la sopravvivenza, contro miliardi di granelli impalpabili che arrivano da tutte le parti, traspare dalle parole e dalle facce della gente del posto...

 Il palmeto di Toungad
D: Vita dura per noi, che a stento riusciamo a girare le moto e tornare sui nostri passi, ma la ‘vera’ vita dura è vivere in un posto come questo, spendendo tutte le energie per combattere contro i mulini a vento...
La meta successiva è Toungad, e come sempre proviamo a chiedere qualche informazione sull’imbocco della pista. Ma le risposte sono vaghe, per cui ci troviamo immancabilmente fuoripista a girovagare sulla sabbia: tuttavia la sensazione è piacevole, sai di non poterti fermare e devi focalizzare la tua rotta in qualche frazione di secondo, passando al setaccio più informazioni possibili. Qui non conta fare qualche metro in più, qui conta solo non insabbiarsi, conta divertirsi a guidare e non sudare spingendo...
E i problemi arrivano quando chiediamo ad un locale troppo volenteroso di indicarci dove si prenda la pista giusta: questo ci fa cenno di seguirlo e coi suoi stivali di gomma (!) inizia a correre nella sabbia, prima giù per una collina, poi su per un’altra... Corre così forte che quasi non gli stiamo dietro in moto, e di sicuro non gli stiamo più dietro quando si arrampica per un pendio di sabbia molle da cui sbucano numerosi pietroni: all’inizio si riesce ad evitarli, poi diventano troppo grossi e numerosi, tanto che per uscire da quell’inferno di pietre e sabbia troveremo da sudare parecchio... con il tizio che non capisce come mai gli chiediamo informazioni e poi ci attardiamo nel seguirlo!
Trovata la pista arriviamo facilmente a Toungad, e rimaniamo impressionati dalla vastità del posto e dal quantitativo di palme che ci sono: in un tratto la pista passa in mezzo al palmeto, e a far correre lo sguardo ai lati si vede una vera e propria foresta di palme, con l’ombra che si trasforma quasi in oscurità e l’acqua che scorre alla base dei fusti, sulla sabbia... spettacolo della natura e capacità dell’uomo nel gestire la risorsa idrica! Ecco, il paradosso dell’Africa è proprio che in posti dove non ti aspetti nulla, l’uomo è riuscito con caparbietà e cura maniacale a creare dei piccoli paradisi, in barba (o in combutta...) con una natura che appare esageratamente ostile... e in altri vedi trasformati paradisi in discariche, oppure percepisci quasi una volontà di autodistruzione, o comunque un menefreghismo nei confronti della vita e del vivere in armonia con l’ambiente circostante che è raccapricciante.... ma si sa, con la pancia vuota
è difficile occuparsi del ‘bello’!
Qui i locali sono poco invadenti e fa piacere vedere così tanti bambini con lo zaino in spalla tornare a casa da scuola. Attraversiamo il palmeto troppo velocemente per gustarcelo e imbocchiamo la direzione del ritorno, con l’intenzione di chiudere in giornata un largo anello.
Imbocchiamo l'Oued El Abiod, coperto di sabbia soffice, con il povero bicilindrico che inizia a scaldare... lo sguardo scivola ancora indietro, verso questo spettacolare palmeto, e poi si perde sulle montagne circostanti. Montagne vere, pendii aspri di minerale scuro... con la sabbia che ci si appoggia sopra, a dare l’effetto neve e a rendere tutto morbido. In una frazione di secondo ti immagini lassù, a vedere l’oasi da un’angolazione diversa: e i neuroni non trovano il tempo di focalizzare il pensiero che già il limitatore è entrato in funzione... Prendere lo slancio su questa sabbia è davvero difficile, e la rampa si avvicina: cervello su off, terza, compressione delle sospensioni e delle ossa, salita, seconda, prima, la ruota che inizia a scavare... con la poca inerzia rimasta riesco a stento a coricare la moto di traverso... Ancora due passi a piedi e non resta che godere. Godere nel vedere un tappeto di palme adagiate sulla sabbia. In superficie non c’e’ traccia d’acqua, solo sabbia e rocce e questo contrasto tra verde e giallo ha sicuramente del magico.

L'Oued El Abiod e, a destra, Toungad

Ci attardiamo a gustare questo paesaggio e a fare qualche foto, e ovviamente qualcuno si arrampica sulla montagna vedere cosa fanno lassù dei turisti... Occasione ghiotta per chiedere qualche informazione sulla organizzazione e gestione dell’oasi.
E poi: ‘è quella la direzione per Atar? E volendo fare la pista che taglia la falesia e punta direttamente all’oasi di Terjit per il passo di N'Tourfine?’ Sulla carta tutto giusto, ma questa scorciatoia per Terjit va evitata. In effetti lo avevamo letto anche su qualche guida: ad un certo punto ci sono dei gradini di roccia, e farli in salita è impensabile... forse in macchina si riesce, ma in moto no! E iniziano a prudere le mani. Un conto è se ti dicono che la pista non è bella, ma venirmi a dire che in moto non si può fare... Come quando alle cavalcate nostrane trovi il pezzo vietato ai bicilindrici: è più forte di me, io mi ci devo infilare...
Ma tanto vale assicurare i locali e il socio che mai e poi mai ci sogneremmo di incasinarci la vita...

Sabbia molle e piccole creste infide sul fondo dell'oued
Arriviamo ai saluti e si scende dalla montagna rientrando nel letto dell'oued. Si cerca di correre, la sabbia è molle e solcata da parecchie tracce. Ancora una volta la ruota davanti trova una buca di sabbia ancora più soffice e ci si infila tutta: da cinquanta/sessanta all’ora a zero in mezzo metro... meglio dell’ABS! Per fortuna ci sono le protezioni e il respiro torna dopo una manciata di interminabili secondi... Neanche il tempo di pensarci e siamo ancora a correre.
Il sole inizia piano a dar forma alle ombre, e l’asfalto si avvicina... e quella potrebbe essere la valle con la pista proibita... ‘Ascolta Franco, andiamo giusto a vedere come sono questi gradoni di pietra, poi si torna...’ A Nicola piace cascarci, e ci infiliamo in un vallone con la sabbia più molle mai vista. Ci sono pure dei turisti su pick-up locali, e arrancano anche i loro 4x4...


N: ...è uno dei passaggi più esaltanti che mi sia capitato di fare in moto: a sinistra, un muro di roccia altissimo, a destra un ripido pendio di sabbia, e chiusa fra i due una pista stretta, sinuosa, tutta in salita, da fare di getto, senza mai fermarsi perchè la sabbia molle non permette di ripartire e non c'è nemmeno lo spazio per fare inversione. Impossibile fermarsi a fare foto, bisogna cogliere questo paesaggio sublime col polso girato, gustare ogni secondo, ogni sguardo che riesce a scappare dalla traiettoria dell'anteriore...
Grazie franco per avermici portato, è stato un regalo fantastico e inaspettato, che non dimenticherò...
La pista sbuca, di colpo, su una enorme conca chiusa su un lato dalla falesia. In lontananza, la montagna sale, coperta di sabbia: Davide non resiste e si lancia verso la salita. Una scena già vista, da spettatore... ma questa questa volta sono carico e non ci penso su, giro il polso fino in fondo, e non lo mollo più fino in cima...


 ...ci premia un paesaggio spettacolare. Ai piedi della falesia, la pista che porta al passo di N'Tourfine

D: ...questa volta l’allievo supera il maestro, e sento Nicola superarmi e urlare di gioia mentre la mia Africa si insabbia inesorabilmente. Forse anche lui ha capito la sensazione che trasmette salire sempre più su, dove neanche avresti immaginato di arrivare...

Complimenti, foto, e poi giù, alla ricerca del punto in cui dovremo invertire la marcia. Dietro una curva ritroviamo i turisti francesi che filmano le Toyota salire lente su questi gradini di roccia... non sono così tremendi, e abbiamo anche il pubblico: le nostre ruote non si fermano neanche e saliamo accompagnati da complimenti in francese... niente ‘Rallye’ ma in moto ci sappiamo andare!

I famosi gradini di roccia (Foto O. Oudry)

In cima al passo di N'Tourfine si
incontra la diretta Mhaireth-Terjit
Scambiamo due parole e proseguiamo per l’oasi, che raggiungiamo in una manciata di minuti. È quasi sera, per Atar manca ancora qualche chilometro, ma vogliamo fare una rapida visita. L'oasi è piccola, stretta tra gli impervi fianchi della montagna, e così spettacolarmente bella che decidiamo di fermarci a dormire qui: e pensare che quando ci hanno chiesto il di pagare per entrare volevamo rinunciare!
E il bello è che per la visita e per dormire nelle belle tende a fianco di un ruscello fra le palme si spende lo stesso! L'ingresso
è a pagamento, ma il posto è veramente unico e ben curato: palme, alberi, fiori, giochi d’acqua, rocce ricoperte di verde muschio e anche una sorgente di acqua tiepida in cui lavarsi! Merita proprio una sosta.

L'oasi di Terjit
Ovviamente si sono fermati qui anche i turisti francesi, che ci invitano a prendere un aperitivo a base di "succo d'orzo"... Il distillato fa il suo effetto, la lingua si scioglie e raccontiamo le nostre peripezie, che agli occhi di chi viaggia con cucina, cuoco, tavoli e sedie al seguito devono apparire parecchio avventurose. Gemellaggio riuscito, tutti in cerchio con al centro (al posto del fuoco) Pastis, whisky e Pringles; grandi pacche sulle spalle fino a quando... fino a quando non scoprono che abbiamo su la stessa maglietta da 15 giorni e non fanno un passo indietro! Grasse risate e un bel sonno coadiuvato dal tasso alcolico nel sangue piuttosto elevato...

N: ...sonno per me turbato da febbre alta, accompagnata da dolori febbrili alla schiena e sogni turbolenti... ricorro alla farmacia da viaggio: non ci sono scuse, domattina si riparte...

Mauritania 2006: Stage 10
8 Gennaio 2007
Percorso: Mhaireth - Aoujeft - Toungad - Terjit (134 km)



Mauritania 2006: Cronologia



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