El Berbâra: “Difficile immaginare un luogo più appartato, più indicibilmente lontano da ciò che si conviene chiamare il mondo”.

Stage 7: El Berbâra

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El Berbâra: “Difficile immaginare un luogo più appartato, più indicibilmente lontano da ciò che si conviene chiamare il mondo”.
Queste parole di Théodore Monod, forse il più grande ed erudito esploratore del Sahara di tutti i tempi, non lasciano dubbi: dobbiamo arrivare in questa oasi!

Campo nell'Oued Timinit

Ci svegliamo con la sorpresa di una sorta di foschia che rende tutto sbiadito e ovattato. Una caligine di sabbia sottile che però non si sente al respiro e non stride tra i denti e che ci accompagnerà, cupa e opprimente, per tutto il giorno.

Mentre facciamo il caffè si avvicina alle nostre tende una giovane coppia con un bimbo piccolo. Senza dire nulla si fermano a distanza di sicurezza, aprono un telo, vi distendono alcuni oggetti, si siedono e sorridono. Si tratta di bracciali, collane ed altri piccoli oggetti di fattura modesta,  chiaramente usati, probabilmente oggetti di famiglia. Molto educati, discreti e rispettosi, non ci chiedono nulla se non con il loro sorriso: ma davvero non abbiamo posto in cui riporre la mercanzia, per cui dopo aver smontato il campo ci congediamo regalando loro qualche medicinale, dono sempre molto apprezzato da queste parti.


Di qui non si passa...
Siamo nell’Oued Timinit, letto di un fiume in secca completamente ricoperto di sabbia e pieno di palme e dune, dentro ad un canalone scavato dalle acque in un enorme altopiano. Due le direzioni possibili: o si va  avanti risalendo l’oued fino ai piedi dell’oasi di El Berbara, o si torna indietro fino ad un passo che permette di risalire le pareti scoscese dell’altopiano. Visto che siamo qui, proviamo ad andare avanti: prima dentro e via, a gustarci questo sabbione! ... Forse… Forse è il sabbione che gusta noi! All’ennesimo insabbiamento decidiamo di girare i tacchi e raggiungere l’oasi dall’altopiano.

Sull’altopiano fervono i lavori per costruire la prima strada interna che colleghi il nord al sud della Mauritania: su una distanza pari quasi a Milano-Roma ad oggi non esistono collegamenti diretti, e per evitare piste in fuoristrada molto impegnativo bisogna tornare sulla costa, 400 km più a Ovest!
Si tratta di un’opera ciclopica: verifichiamo con i nostri occhi l’incredibile sforzo dello stato, un infinito cantiere con centinaia di mezzi pesanti che come formichine preparano una base per posare una striscia di asfalto. E spesso l’asfalto nuovo di zecca è sopraffatto dalle dune, che il vento sposta inesorabilmente, incurante di tanti sforzi.

Siamo ad appena una ventina di km da Oujeft: decidiamo di approfittare della strada in costruzione per effettuare il rifornimento di acqua e benzina prima di imboccare la pista. Percorrere questo cantiere avanti e indietro in mezzo a polvere, deviazioni, mezzi pesanti nuovi e scassati, e con la nebbia di sabbia sottile che avvolge l’orizzonte è una noia, ma ci garantisce la serenità di avere la massima autonomia.

Ad Oujeft andiamo diretti dal benzinaio del giorno precedente. Mentre travasa benzina nei nostri serbatoi col solito tubo da irrigazione, si ferma nuovamente una macchina: è di nuovo il tizio che ieri ci aveva raccomandato di raccontare a tutti quanto la Mauritania sia un paese accogliente. Ricomincia il discorso, al che ci sorge un dubbio: ma questo signore non sarà un dipendente del ministero del turismo?

Ritornati finalmente indietro imbocchiamo la pista per El Berbara. È oggettivamente una brutta pista, e questo spiega forse perché le guide portino raramente i gruppi in quest’oasi: molto sassosa, costringe ad una guida attenta e poco divertente, in un paesaggio piatto reso ancora più monotono dalla foschia di questa giornata.
La nostra destinazione è un’oasi nascosta in un crepaccio nell’altopiano: da sopra non si vede nulla, solo rocce bruciate dal sole; la curiosità è tanta e non vediamo l’ora di sporgerci per scoprire cosa ci aspetta… ma a 100 m dal punto Davide si trova con l’ennesima gomma a terra!  Siamo nei pressi di un piccolo villaggio, completamente deserto, spettrale ed inquietante: approfittiamo di un riparo per le capre per fare la riparazione all’ombra. 

Villaggio abbandonato sopra El Berbara...


Fortunatamente un po' d'ombra...
Mentre Davide monta la camera riparata dal gommista ad Atar, Nicola non resiste alla curiosità e va a cercare il passaggio per scendere nell’oasi. La vista è sorprendente: un crepaccio che rompe l’arida monotonia dell’altopiano, ed all’interno un laghetto verde, alimentato da acqua che cola dalle pareti della falesia, e che alimenta un palmeto che si estende a perdita d’occhio.

L'oasi di El Berbara

Sulle pareti dell'oasi di El Berbara
Raggiungiamo il laghetto con una ripida discesa a piedi fra rocce e sabbia. Il palmeto è una sorta di giardino con canali per distribuire l’acqua ben curati, mimose fiorite e uccelli colorati. È inquietante vedere il segno del lavoro dell’uomo mentre non c’è anima viva tutto intorno…


Mimose fiorite nell'oasi di El Berbara Canali di irrigazione nell'oasi di El Berbara

Un sentiero porta alla parete rocciosa dietro il lago, da cui cola l’acqua calda che alimenta l’oasi. Non possiamo resistere e ci lasciamo inzuppare da questa doccia magica.

L'acqua cola dalla parete dell'oasi di El Berbara

Finite tutte le nostre esplorazioni e ancora pieni di stupore per questo posto incredibile, risaliamo con fatica la parete del canalone per raggiungere le moto… sorpresa: la gomma appena riparata è di nuovo sgonfia!! Anche i gommisti di Atar hanno fatto l’errore della spina d’acacia: se hai trovato e riparato un buco non pensare di aver risolto, non è detto che sia l’unico!!
Riprendiamo la pista che corre verso Est sull’altopiano, per raggiungere una pista battuta che raggiunge Atar proprio nel punto in cui dieci anni fa siamo rimasti senza benzina. La visibilità pessima non ci permette di gustare il percorso. Vorremmo arrivare ad Atar dallo spettacolare passo di Amogjar, ma ormai siamo al tramonto quindi ripieghiamo sulla strada del passo Ebnou, comunque spettacolare sebbene asfaltato.

Raggiungiamo Atar al buio e torniamo al camping Bab Sahara. Ceniamo in un locale sulla strada principale, incuriositi da un ragazzino che ci gira intorno circospetto ma che non sembra voler parlare con noi. Scopriamo i sui intenti solo a fine pasto: agguanta le ossa di pollo spolpate dai nostri piatti scappando via prima che i piatti vengano ritirati, lasciandoci completamente di stucco!

La notte trascorre serena nella tenda berbera del campeggio: stanotte per qualche motivo il silenzio non è rotto dai mille richiami dei muezzin...




Stage 7
  • Percorso: Agroub - Oujeft (rifornimento) - Agroub - El Berbâra - Passe Ebnou - Atar
  • Percorrenza: 244 km

Mauritania 2016: Cronologia



    4 commenti:

    1. Straordinario viaggio, raccontato benissimo!!! Bravi!!! Mi fare sognare. Ho trovato il link di un vostro viaggio su Adventure Rider, ovviamente sul thread dell'Africa twin. Non mi aspettavo di trovare dall'altra parte due compatrioti!! Purtroppo per lavoro e impegni familiari non posso partire, ma i vostri racconti mi fanno almeno sognare! Grazie ragazzi.

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    2. E ovviamente aspetto con curiosità il verdetto finale sulla nuov AT!

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    3. Quando avrete tempo sarebbe davvero interessante capire che equipaggiamento avete adoperato.

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      1. Grazie per i complimenti... abbiamo finalmente aggiunto una pagina sull'equipaggiamento, accessibile dalla barra in alto o direttamente su http://www.africatime.bike/p/equipaggiamento.html.
        Buona lettura!

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